Omelia di padre Antonio Rungi per la XXIX Domenica del Tempo ordinario.

Commento alla liturgia della Domenica XXIX

di padre Antonio Rungi, passionista

 

Preghiera e fede

 

Papa Francesco facendo accenno in una delle sue ultime catechesi sulla necessità di pregare e di pregare sempre cita proprio il testo del Vangelo di oggi, su cui vogliamo riflettere insieme per capire il senso del pregare cristiano e soprattutto della preghiera d attesa, che ci prepara all’incontro con il Signore, in quella venuta individuale che riguarda la nostra morte corporale e in quella seconda e definitiva venuta sulla terra, con il giudizio universale. Nel vangelo sono strettamente collegati le due parole della liturgia di oggi: pregare sempre ed avere fede sempre. Preghiera e fede camminano insieme. Non ci può essere fede senza preghiera, né vera preghiera senza fede. Riporto in questa omelia quando ha detto appunto Papa Francesco il 10 ottobre scorso durante l’omelia tenuta nella messa del mattino nella Cappella di Santa Marta in Vaticano. Gesù in un’altra occasione ci parla dell’insistenza nel pregare, ed avviene nella parabola della vedova che andava dal giudice corrotto, il quale non la sentiva, non voleva sentirla; ma lei era tanto importuna, infastidiva tanto, che alla fine, per allontanarla in modo che non le desse troppo fastidio, ha fatto giustizia, quello che lei chiedeva. Questo ci fa pensare alla nostra preghiera. Come preghiamo noi? Preghiamo così per abitudine, pietosamente, ma tranquilli, o ci mettiamo con coraggio davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per il quale preghiamo?». L’atteggiamento è importante perché «una preghiera che non sia coraggiosa — ha affermato il Pontefice — non è una vera preghiera». Quando si prega ci vuole «il coraggio di avere fiducia che il Signore ci ascolta, il coraggio di bussare alla porta. Il Signore lo dice, perché chiunque chiede riceve e a chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto».

C’è da capire esattamente cosa significa secondo il brano del vangelo di questa XXIX domenica del tempo ordinario come, quando e quanto pregare per ottenere qualcosa dal Signore, non solo di quello che è necessario alla nostra vita materiale, ma soprattutto nella nostra vita spirituale. La prima fondamentale ed insistente preghiera che dobbiamo rivolgere al Signore è quella di fare accrescere la nostra fede, perché c’è il rischio evidente che questa fede non ci sia in noi e non ci sia neppure in quanti altri fratelli e sorelle nella fede che si professano cristiani, discepoli dell’unico vero maestro della nostra vita, che è Gesù. Partendo dal dono inestimabile della fede, tutto è più facile ottenere non tanto per noi stessi, ma per gli altri: la giustizia, la pace, la guarigione, la salute, la serenità familiare, una vita dignitosa. Ma nella fede che si fa preghiera o meglio nella preghiera che potenzia la nostra fede, noi possiamo capire meglio quanto il Signore ci chiede come personale risposta al suo progetto d’amore, se ci interpella lungo il viaggio verso il Calvario e come il Cireneo siamo chiamato, senza nostra scelta libera, di prendere la croce e portare, anche se per un breve tratto sulla via del Calvario. La fede è camminare verso ed è incontrare Cristo. Si fa ascesi cammino verso la Pasqua che è la Croce ed è la Risurrezione. Molte volte la nostra preghiera, la nostra insistenza riguarda le cose di cui abbiamo bisogno e se non arrivano ci indispettiamo verso il Signore e molte volte lo abbandoniamo, mentre Lui non ci abbandona e non ci molla per un attimo. Certo i tempi di Dio nell’accogliere le nostre umili preghiere non coincidono con i nostri tempi. La cultura di oggi che vuole tutto e subito ci prende la mano anche nel volere le cose da Dio. Forse dopo qualche preghiera occasionale, qualche triduo, novenario, qualche quaresima, qualche fioretto, qualche pellegrinaggio fatto con sacrificio, qualche candela accesa o un’opera di bene fatta, ci aspettiamo la risposta immediata dall’Alto. Non è sempre cosi, anzi non è mai così. I tempi di attesa sono utili e sono necessari per tutti, per capire fino a che punto la nostra preghiera è sincera, coraggiosa e speranzosa. Quante volte sento dire dalla bocca dei fedeli che il Signore ha esaudito le loro preghiere e sono quindi grati e felici di come si sono evolute le cose nella loro vita e in quella degli altri, soprattutto parenti, amici e conoscenti. Altre volte è l’opposto e, in tal caso, non si continua a pregare, si molla tutto e non si ha più fiducia e confidenza in Dio. Ci si allontana dalla preghiera, dalla pratica religiosa, specie quando vengono a mancare gli affetti più cari, come un figlio, una figlia, un genitore.

Noi dovremmo fare tesoro di quanto oggi ci dice la Parola di Dio, nella seconda lettura, tratta dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo: “Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento”. Una preghiera biblica deve essere la nostra ed una fede, fondata sulla parola di Dio rivelata ed ispirata che va costruito il nostro edificio spirituale. Non dobbiamo mai stancarci, anche nelle prove più dure della vita di alzare le mani al cielo e come Mosè pregare per noi e per tutti coloro che hanno bisogno. La preghiera ci fa vincere le tentazioni, soprattutto l’egoismo, l’individualismo, il materialismo, l’idolatria. La forza della preghiera incessante squarcia i cieli e fa muove a compassione il cuore stesso di Dio, che di fronte ai reiterati appelli dei singoli e dell’intero popolo ascolta ed esaudisce, come ha esaudito la preghiera di Mosè, dei giusti di Israele, di Maria la sua Madre e di tutti coloro che hanno seguito Gesù Cristo sulla via dell’amore, del bene, della pace e del perdono: “O Dio, che per le mani alzate del tuo servo Mosè hai dato la vittoria al tuo popolo, guarda la Chiesa raccolta in preghiera; fa’ che il nuovo Israele cresca nel servizio del bene e vinca il male che minaccia il mondo, nell’attesa dell’ora in cui farai giustizia ai tuoi eletti, che gridano giorno e notte verso di te”.

Omelia di padre Antonio Rungi per la XXIX Domenica del Tempo ordinario.ultima modifica: 2013-10-14T23:57:33+02:00da pace2005
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