Il racconto della Domenica

Il racconto della domenica di Antonio Rungi

 Il giovane dittatore

 Aveva raggiunto il potere in pochi anni attraverso forme subdole, corruzione, compromessi e promesse varie. Era diventato il più giovane dittatore di quella nazione, che in precedenza era stata governata saggiamente, secondo i principi morali e democratici e la gente era contenta del precedente capo del governo. Erano contenti gli umili e gli emarginati, quelli che non avevano mai contato nella società, perché prima di quel saggio governatore, c’erano stati solo cricche e spartizioni di potere, per cui ognuno tirava l’acqua al suo mulino. In cinque anni di governo saggio e illuminato, non senza problemi e difficoltà, aveva dato fastidio a chi non pensava che in quel governatore inatteso si fossero realizzate tante cose, i paesi, i comuni e le comunità civili andavano avanti bene senza grossi problemi, senza dimissioni degli amministratori e con buona salute della popolazione. Arrivato il nuovo dittatore posto a capo con l’imbroglio, tutto cambiò. Ad essere privilegiati, contro ogni regola morale e civile, furono i suoi amici elettori, che si scelsero posti, luoghi e compensi per essere da supporto al nuovo dirigente. Si godevano la vita, giravano il mondo, soddisfacevano tutti i piaceri, legittimi e illegittimi, perché avevano in mano il potere. Avevano soldi, case, potere locale e nazionale, non davano conto a nessuno del loro operato, agivano all’oscuro, soddisfacendo i desideri più infimi degli uomini: macchine di lusso, donne, divertimenti, pasti abbondanti e succulenti, strumenti tecnologici di ogni genere, amici altolocati per dimostrare il loro delirio di onnipotenza. Ad essere perseguitati furono i loro avversari, onesti, retti e leali, al punto tale che alcuni di essi dovettero lasciare ed espatriare, mentre altri riuscirono a resistere, nonostante il sistema poliziesco posto in essere dal giovane dittatore del momento. Tutto egli controllava e se non riusciva a farlo, si serviva di altri, mettendo in giro false testimonianze per annientare i suoi avversari. La vicenda andò avanti per alcuni anni e alla scadenza del mandato, tutti coloro che si opponevano a lui cercarono in qualche modo, con libero voto, di destituirlo dal compito. Ma lui era talmente ammanigliato con il potere superiore, con il quale si era compromesso, quando era molto giovane, che imbrogliando nuovamente le carte, riuscì a farsi eleggere di nuovo e a comandare. Si pensava che dopo l’esperienza precedente fosse più morbido e meno presuntuoso ed arrogante. Invece inasprì le leggi contro i suoi avversari e rese più agile il cammino, immorale, dei suoi amici. Dopo le tante avvisaglie di incapacità di governare, a mano a mano si dimisero, per vari motivi, i suoi più stretti collaboratori, che avevano contribuito a fare del male alla nazione e alle persone più in vista di essa. Rimase solo con se stesso e nella solitudine del comando, invece di chiedere aiuto a persone sagge aumentò il suo grado di intolleranza, minacciando tutto e tutti. In sette anni di attività di governo aveva praticamente distrutto cose, case, persone, istituzioni, coscienze, speranze ed aveva aperto la strada all’anarchia e all’immoralità. Alla fine, rimasto abbandonato da tutti, soprattutto da quei suoi amici che lo avevano scaricato da tutti i punti di vista, decise di suicidarsi, mettendo fine alla sua esistenza di uomo terribile e senza cuore. Aveva solo fatto del male e pagava così la sua cattiveria, non trovando neppure in Dio la forza di continuare a vivere. Era un fallito e nell’illusione del suo potere infinito, nell’ esaltazione della sua persona, non aveva considerato un fatto importante che Cristo stesso richiamava continuamente alla mente e alla coscienza di quanti aspirano al potere e alla gloria di se stessi: “Chi si esalta, sarà umiliato e chi si umilia, sarà esaltato”. Di quell’uomo terribile e senza cuore, che faceva paura a qualsiasi persona, nessuno, dopo la sua terribile fine, si preoccupò di lui. Sulla sua tomba, in uno sconosciuto cimitero di questa terra, una scritta molto significativa per chi leggeva e passava di lì: “L’orgoglio uccide, l’umiltà dà vita e fa vivere. Non siate tra i potenti, ma tra gli umili della terra”. E’ la lezione del fariseo e del pubblicano del Vangelo di questa domenica, alla quale dobbiamo ispirare costantemente la nostra vita per non finire tra i reietti e rifiutati dall’umanità e da Dio. I dittatori, a tutti i livelli e in tutti i campi e gli ambiti, i presunti giusti ed i farisei di turno fanno sempre una brutta fine con le loro mani o attraverso le mani degli altri. La storia insegna e da essa dovrebbero apprendere quanti amano il potere fine a se stesso.

Il racconto della Domenicaultima modifica: 2013-10-27T18:57:00+01:00da pace2005
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