L’abito nuziale

L’abito nuziale

 

di Antonio Rungi 

 

Rita aveva sognato da una vita di celebrare il suo matrimonio con Leo vestita seconda la tradizione, con l’abito bianco, contenuto sì, ma comunque degno del rito che si apprestava a celebrare. Lei cattolica fervente, era stata battezzata con un nome particolare, Rita, richiamando la santa di Cascia, nella cui famiglia d’origine c’era tanta devozione. Aveva promesso al Signore e alla Santa di Cascia, che una volta celebrato il rito del matrimonio, di ritorno dal viaggio di nozze, suo primo pensiero sarebbe stato quello di portare l’abito da sposa al Santuario di Cascia, non solo come reliquiario, ma come impegno di vita di una fedeltà indiscussa. Con Leo si erano conosciuti tra i banchi di scuola ed era cresciuti insieme non solo fisicamente e culturalmente, ma anche socialmente e spiritualmente. Dopo le feste patronali della sua città, nel clima di Pasqua, Rita e Leo avevano preparato ogni cosa per convolare a giuste nozze. Si dovevano svolgere di domenica, perché lei aveva questo sogno di sposare nel giorno dedicato al Signore. Non tutte le chiese della sua diocesi avevavo l’autorizzazione a celebrare i matrimoni di domenica, per una questione di orario di messe e di partecipazione dei fedeli. Non sempre, infatti, si arrivava in orario nella casa di Dio, per cui molti parroci furono costretti a portare la celebrazione dei matrimoni durante la settimana e particolarmente al sabato mattino. Gira e rigira alla fine trova la chiesa disponibile per la celebrazione del suo matrimonio con Leo in una chiesa vicino al suo paese e nella stessa diocesi di origine. Fiori, addobbi, fotografi, chiesa pronta, auto di lusso, ristorante alla moda, invitati oltre i 150, in poche parole in premessa un matrimonio dalle grande attese. Avevano addirittura fatto venire per la circostanza il sacerdote di famiglia, un importante monsignore, un po’ impartentato con la famiglia da parte sua. Rita felice e contenta che finalmente vedeva coronare il suo sogno con tutte le cose bene organizzate, fino a pensare ad un matrimonio davvero unico e singolare. Anche il abito nuziale era di particolare effetto, soprattutto addosso a lei, che era una vera siloutte. Orario fissato per il rito nuziale alle ore 11,30 con una tolleranza di mezz’ora come capita in certi luoghi del Meridione. Coro polifonico con maestri ed artisti di prestigio, se non nazionale, ma sicuramente a livello locale. Anche il monsignore venuto dalla capitale era perfetto negli abiti liturgici, una vera cerimonia che fanno storia.

Alle 11,30 in punto, Rita arriva con l’auto a festa davanti alla chiesa per fare il suo ingresso ed andare con il padre verso l’altare ed iniziare la liturgia nuziale. Mentre entra in chiesa, davanti all’altare non nota la presenza di Leo, pensando che fosse in sacrestia o nascosto da qualche parte. Invece, cammina cammina verso l’altare sotto il braccio del padre, ma Leo non c’è. Capisce che qualcosa non va. Si accomoda ed attende. Davanti a tutti, i genitori di Rita e Leo, i testimoni. Si aspetta per mezz’ora tra l’agitazione generale e alla fine alle 12.00 esatte arriva una telefonata al parroco da parte di Leo, che gli comunica che non intende più sposarsi. Non se la sentiva di dirlo davanti a tutti ed aveva preferito di non presentarsi. Rita non drammatizza la situazione e chiede al suo sacerdote amico e parente di benedire la fede nuziale e il suo abito, perché deve consegnarle ad una persona cara. Il sacerdote benedice sia la fede che l’abito e chiude lì tutta la cerimonia. Non se ne fa nulla. Gli invitati comunque vanno a pranzo, anche perché si era fatto tardi e consumano il pasto ordinato per le nozze mancate. La sera stessa, Rita, accompagnata dal padre, dalla madre e dall’unico fratello prende la macchina e si reca a Cascia, dove consegna l’abito da sposa e l’anello nuziale al santuario della santa dei casi impossibili, come aveva promesso. Lì si trattiene per tutti i giorni previsti per il viaggio di nozze e poi ritorna a casa. Di Leo nessuna notizia. A distanza di 15 giorni si seppe che era andato all’estero, per  allontanarsi dal suo ambiente. In un messaggio inviata alla sua mancata moglie, la motivazione della sua rinuncia: “Non sentivo di amarti veramente e di conseguenza è stato meglio farlo prima che appena saremmo tornati dal viaggio di nozze”. Ed un augurio a Rita. “Ti auguro ogni bene, soprattutto per il nostro figglio che porti in grembo”. Rita infatti era in attesa da pochi giorni prima del matriomonio di un figlio di Leo. Ma lui sospettava che non fosse suo e quindi aveva deciso di non sposarsi più anche per questo motivo. In realtà il figlio era di Leo e Rita, nonostante che Leo non volle dargli neppure il cognome. Fu l’ultima volta che i due si scambiarono un messaggio. A gennaio nacque un bellissimo bambino, che Rita volle chiamare come il suo mancato marito, Leo, per confermare anche attraverso il nome dato al suo figlio il grande amore che nutriva per il suo mancato marito e per dire che era davvero il figlio di entrambi, senza aver bisogno di enalisi del Dna. Rita poi, incontrò un altro bravo giovane che la sposò e la porò all’altare con amore dando la paternità anche al figlio di Rita, ora sua sposa per sempre. Leo restò all’estero e morì non molto vecchio in terra straniera, senza affetto e senza rispetto.

 

L’abito nuzialeultima modifica: 2013-04-02T14:30:00+02:00da pace2005
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