Il pianto della mamma

Il pianto della mamma

di Antonio Rungi

Aveva appena 13 anni, Robertino, quando sentendo la voce divina nel suo cuore, decise di lasciare casa, paese ed amici ed avviarsi sulla strada di Dio. Sentiva forte dentro di sé la chiamata del Signore ad essere missionario e sacerdote di Cristo, per portare a tutti la parola della croce e della gioia. In casa, nessuno dei suoi familiari avrebbe immaginato, che un ragazzo così vivace, vispo, studioso, con tante simpatie tra le sue compagne di classe, perché aiutava tutti nei compiti e nella spiegazione dei professori. La notizia della volontà decisa di fare un cammino verso il sacerdozio, sorprese non poco la sua mamma, molto legata all’ultimo dei suoi figli, che aveva partorito nella sofferenza e solo un miracolo di una grande santa, venerata nel paese, aveva salvato il piccolo appena nato. Robertino era sempre più convinto che quella era la sua scelta di vita e incominciò a pensare seriamente al giorno della partenza. Con lui decisero di entrare in convento altri suoi amici e parenti, ma lui era molto convinto e testardo nella scelta che il Signore gli aveva indicato. Certo 13 anni appena non poteva definirsi una scelta matura e definitiva. Ma il tempo che stava davanti per saggiare la vocazione era tanto e le difficoltà non sarebbero mancate per verificare il grado di attendibilità di quella chiamata che il Signore aveva rivolto a quel giovinetto promettente, intelligente ed anche bello. Su di lui il papà nutriva altre attese, già aveva immaginato in lui il successore nel suo mestiere, tanto è vero che il piccolo Roberto oltre alla scuola del mattino, seguiva anche il sarto del paese, per apprendere il mestiere e soprattutto aiutava il papà che faceva il maniscalco. Un mestiere faticoso, ma molto produttivo, trattandosi di un lavoro molto diffuso in zona per la presenza di cavalli e altri animali che servivano per il lavoro dei campi e per altre attività. Ma Robertino nel suo cuore sentiva forte la chiamata di Dio. faceva volentieri e con passione ogni cosa e riusciva benissimo in tutti i lavori ed i compiti che in famiglia gli venivano assegnati. Era bravissimo nei compiti a scuola e a casa e dopo pochi minuti con l’approccio ai libri tutto era risolto. Anche la sua sorella maggiore, già esperta in materia di dopo-scuola restava meravigliata della bravura del suo fratellino minore, il più coccolato ed amato, anche se il più terribile e vivace della casa. Tutto quindi di doveva preparare per la partenza in seminario. Preparare il corredino marchiato con il numero che la direzione aveva assegnato, il 17. Per qualcuno abituato alla smorfia napoletano pensò che il numero non fosse il più fortunato, quando in realtà si rivelò come il numero più adatto al contesto, tanto che Robertino accettò volentieri il suo 17. La mamma nel predisporre il corredo aveva personalizzato ogni cosa della biancheria personale, in quanto nel seminario erano centinaia i ragazzi che si avviavano ad essere preti. Ma alla fine rimaneva sempre pochi o nessuno. Del gruppo di Robertino che era formato da una trentina, alla fine restò solo lui a raggiungere la meta che il Signore gli aveva fatto capire con evidenza. Ma nella vita di Robertino, che fu coerente e fedele alla sua vita di missionario e prete, due momenti rimasero impressi nella sua lunga vicenda di una speciale vocazione che il Signore gli aveva data: il giorno della partenza per il seminario, molto distante dalla casa, con il pianto interminabile della sua amatissima madre, ma anche del papà, della sorella e del fratello, che giustamente non riuscivano a distaccarsi da quel loro figlio e fratello, lasciando un vuoto di umanità, gioia e felicità in questa santa ed unita famiglia di una piccolo paese della valle dei santi. Quel pianto della sua mamma di sofferenza e dolore, Robertino portò nel suo cuore fino al giorno in cui disteso per terra, nel momento in cui si preparava a ricevere l’ordinazione sacerdotale, vide nuovamente scorrere dagli occhi della sua mamma, dopo 11 anni di formazione seminariale e religiosa, le lagrime di gioia, perché un suo figlio diventava sacerdote, secondo il cuore di Cristo, secondo la risposta di quel bambino, diventato ormai uomo, ma con un cuore grande, che rimase tale per tutta la vita. Quelle lagrime di gioia della sua mamma, del suo papà, della sua sorella e del fratello, ma anche di tutti i presenti furono il sostegno costante nella sua azione di pastore attento e generoso per la causa del vangelo e della chiesa. Robertino oggi giorno ringraziava Dio, ma soprattutto la sua mamma e i suoi cari perché aveva trovato in loro, nonostante la sofferenza del distacco, i primi sostenitori della sua vocazione, di cui andava sempre orgoglioso, nonostante le tante prove che quella scelta di vita austera gli avevano riservato prima e dopo di diventare prete. Le lagrime della sua mamma di serenità una terza ed ultima volta le vide sgorgare da quegli occhi nel giorno in cui il Signore si portava in cielo la mamma santa di quel prete forte e coraggioso nella fede e nella vocazione.

Il pianto della mammaultima modifica: 2013-05-13T17:20:00+02:00da pace2005
Reposta per primo quest’articolo